Rispetto ad altri Paesi, i pazienti con infezione cronica da epatite C in Giappone tendono a essere più anziani, avere malattia epatica più avanzata, e maggiori probabilità di essere stati precedentemente trattati per l'epatite C.
Uno studio ha valutato l'efficacia e la sicurezza di una combinazione orale a dose fissa dell’inibitore NS5A del virus dell'epatite C Ledipasvir e dell’inibitore NS5B nucleotide della polimerasi Sofosbuvir ( Harvoni ) con e senza Ribavirina per 12 settimane in pazienti giapponesi con infezione virus dell'epatite C cronica genotipo 1, naive al trattamento o precedentemente trattati.
In uno studio randomizzato, in aperto, sono stati arruolati pazienti da 19 Centri clinici.
I pazienti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere Ledipasvir ( 90 mg ) e Sofosbuvir ( 400 mg ) oppure Ledipasvir, Sofosbuvir e Ribavirina ( dosato secondo le indicazioni del prodotto Copegus in Giappone, cioè, i pazienti sotto i 60 kg hanno ricevuto 600 mg al giorno, i pazienti sopra i 60 kg fino a 80 kg hanno ricevuto 800 mg al giorno, e i pazienti sopra gli 80 kg hanno ricevuto 1.000 mg al giorno ) per via orale una volta al giorno per 12 settimane.
Dopo il completamento o l'interruzione precoce del trattamento, i pazienti sono stati seguiti senza trattamento per 24 settimane. I pazienti eleggibili avevano almeno 20 anni di età con infezione cronica da virus dell'epatite C genotipo 1 con concentrazioni di RNA del virus dell'epatite C nel siero di almeno 5 log10 UI/ml, clearance della creatinina di almeno 1.0 ml/s, e una conta piastrinica di almeno 50 x 109 per litro.
La randomizzazione dei pazienti è stata stratificata per la presenza o meno di cirrosi nei pazienti naive al trattamento e per presenza o assenza di cirrosi e per precedente categoria di trattamento ( recidiva o riacutizzazione, non-responder, o intolleranza all’Interferone ) per i pazienti precedentemente trattati.
All'interno di ogni strato, i pazienti sono stati assegnati progressivamente a uno dei trattamenti con Ledipasvir-Sofosbuvir oppure Ledipasvir-Sofosbuvir più Ribavirina.
L'endpoint primario era la risposta virologica sostenuta 12 settimane dopo il completamento del trattamento ( SVR12 ) valutata in tutti i pazienti che sono stati assegnati e hanno ricevuto almeno una dose del farmaco in studio in modo casuale; i risultati di sicurezza sono stati valutati in tutti i pazienti che hanno ricevuto almeno una dose del farmaco in studio.
Tra ottobre e dicembre 2013, sono stati assegnati in modo casuale 341 pazienti a gruppi di trattamento e hanno ricevuto almeno una dose del trattamento in studio.
SVR12 è stata raggiunta in tutti i 171 pazienti ( 100%; 83 su 83 naive al trattamento e 88 su 88 con esperienza di trattamento ) che hanno ricevuto Ledipasvir-Sofosbuvir e 167 pazienti su 170 ( 98%; 80 su 83 naive al trattamento e 87 su 87 con esperienza di trattamento ) che hanno ricevuto Ledipasvir-Sofosbuvir e Ribavirina.
Dei 76 pazienti con varianti NS5A resistenti al basale, 75 ( 99% ) hanno ottenuto SVR12.
Due pazienti su 170 ( 1.2% ) nel gruppo Ledipasvir-Sofosbuvir più Ribavirina hanno interrotto il trattamento a causa di eventi avversi.
Gli eventi avversi più comuni sono stati nasofaringite ( 50 su 171, 29.2% ), mal di testa ( 12 su 171, 7.0% ) e malessere ( 9 su 171, 5.3% ) nei pazienti trattati con Ledipasvir-Sofosbuvir; e nasofaringite ( 40 su 170, 23.5% ), anemia ( 23 su 170, 13.5% ) e mal di testa in quelli che hanno ricevuto Ledipasvir-Sofosbuvir e Ribavirina ( 15 su 170, 8.8% ).
Anche se i regimi esistenti per il trattamento del virus dell'epatite C sono efficaci per molti pazienti, le esigenze mediche rimangono insoddisfatte, in particolare in Giappone dove la popolazione con epatite C genotipo 1 è generalmente più anziana e pre-trattata, con malattia epatica avanzata.
L'efficacia, la tollerabilità e l'assenza di interazioni tra farmaci dell’associazione Ledipasvir e Sofosbuvir indicano che potrebbe essere un'opzione importante per il trattamento dell’infezione da virus dell'epatite C genotipo 1 in questi pazienti. ( Xagena2015 )
Mizokami M et al, Lancet 2015; 15: 645-653
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